La collatura e la cialandratura
L'operazione di collatura dei fogli di carta si esegue nella "secchia del collaro". In essa si trasferisce la quantità ritenuta necessaria di gelatina prelevandola dalla caldaia di deposito: diluita con acqua, si riscalda il tutto fino alla temperatura di circa 40°C. La secchia del collaro appoggia su un robusto treppiede nel quale viene acceso il fuoco per riscaldare la massa. Il "collaro", il cartaio che esegue la colatura, preleva una "mazzetta" di carta di 5 o 10 fogli a seconda della sua pesantezza (grammatura) e manovrandola in modo da staccare i fogli gli uni dagli altri, la immerge rapidamente nel bagno di colla avendo cura che tutti i fogli siano abbondantemente impregnati di gelatina e, quindi, la ritrae ponendola sul piano della "pressa a collare". Con l'azione di pressatura, la gelatina si distribuisce uniformemente nel contesto dei fogli eliminandone la quantità eccedente che si raccoglie in appositi mastelli di legno, posti ai lati della pressa.
La pressatura deve essere condotta con cautela, aumentando gradualmente la pressione e completando l'operazione nel giro di pochii minuti. Tolti dalla pressa, i fogli vengono portati ad asciugare al "prato" oppure allo "stendaggio a corde", dividendoli singolarmente per non farli attaccare fra di loro. Una volta asciugati ma non secchi, vengono raccolti e posti a "cargo", cioè impilati e sottoposti alla pressione esercitata da pesi, posti sul piano superiore della pila di carta. Così restano per più giorni in attesa delle operazioni di "apparecchiatura". Con il termine "apparecchiatura" si intende l'insieme delle operazioni di rifinitura o "allestimento" con le quali la carta diviene idonea all'uso. Nell'epoca considerata, tali operazioni venivano eseguite solo raramente nelle "gualchiere" le quali erano localizzate fuori le mura della città, lungo i corsi d'acqua. Più generalmente ad esse provvedevano i "Chamboreri" o "Cialandratori" i quali operavano in proprio nelle "Chambore" situate nel centro urbano "entro le mura".
La prima operazione svolta nella "chambora" è la "lisciatura" che ha lo scopo di levigare le due superfici del foglio di carta onde eliminare la ruvidità acquisita con l'atto di fabbricazione al tino. Essa consiste nel porre i fogli, uno alla volta, sul piano dell'apposito tavolo rivestito di pelle di montone per ammortizzare la pressione esercitata manualmente con l'attrezzo per lisciare: "il cialandro". Da qui la denominazione di "cialandratura" usata al posto di lisciatura. Il "cialandro" è un blocco di pietra focaia, di selce, di agata , di vetro o legno, di forma tronco-conica la base ben levigata e la parte superiore facilmente impugnabile con la mano. La superficie della carta, sottoposta all'azione di sfregamento con il cialandro, diviene liscia e scorrevole al tatto, caratteristiche favorevoli per ottenere una buona scrittura con gli inchiostri. Alla lisciatura fa seguito la "sceglitura" o cernita con la quale si allontanano i fogli rotti o comunque difettosi per buchi, grinze, pieghe, "gocce d'acqua", ed altro, che vanno a costituire la "cernaglia". Durante la scelta vengono resi idonei alcuni fogli che per la presenza di difetti di lieve entità sarebbero passati ugualmente a scarto.
Ad esempio, la rimozione di gruppi fibrosi o di corpi estranei come schegge di legno, viene eseguita con apposito attrezzo tagliente ripristinando, poi, la continuità della superficie sfregando la zona trattata con il brunitore d'agata o con "il dente di porco". I fogli risultati buoni vengono contati, piegati e quinternati a 25 fogli che fasciati ogni 20 quinterni formano la risma di 500 fogli. Le risme, imballate con la carta grossolana ricavata dagli stracci di scarto, vanno spedite ai clienti oppure immagazzinate in locale fresco e asciutto ove la carta ha modo di stagionarsi.