Le macchine da stampa
La nuova sezione “Civiltà della Scrittura” del Museo della Carta e della Filigrana di Fabriano, è stata allestita nel 2011, all’interno del Complesso monumentale di San Benedetto, con il contributo di Fondazione CARIVERONA e sarà presto completata grazie ad un finanziamento del GAL Colli Esini San Vicino e grazie ad un contributo della Fondazione CARIFAC. La struttura museale prevede un percorso attraverso le tappe fondamentali dell’evoluzione della stampa, dall’invenzione dei caratteri mobili e della tipografia avvenuta ad opera di Johannes Gutenberg, all’invenzione della litografia avviata da Aloys Senefelder alla fine del 1700, ma che trova ancora largo utilizzo nella stampa moderna. Questo percorso, al momento, si sviluppa in quattro sale che accolgono una preziosa raccolta di torchi antichi, pianocilindriche, pedaline e fonditrici restaurati e perfettamente funzionanti.Lungo le pareti del chiostro dell’ex convento di San Benedetto, inoltre, sono stati installati dei pannelli illustrativi, con i quali si può ripercorrere la nascita e l’evoluzione della scrittura. Dalle origini dell’alfabeto latino, con l’evoluzione delle lettere maiuscole e minuscole che, inizialmente erano incise su pietra, tavolette cerate o scritte su fogli di papiro, attraverso la calligrafia dei monaci amanuensi cui era affidata l’opera di tramandare i testi antichi. Viene inoltre descritto lo sviluppo del design del carattere da stampa, dall’invenzione di quelli mobili di Gutenberg avvenuta intorno al 1440 circa, fino a giungere al declino della calligrafia del Novecento a causa dell’utilizzo di macchine da scrivere, email e sms.
SALA 1: I TORCHI
La stampa a caratteri mobili fu inventata da Johannes Gutenberg nel 1440 circa.
I caratteri mobili sono dei blocchetti di una forma regolare e sono in lega di piombo. Su ogni elemento è inciso in rilievo un segno tipografico: una lettera, un numero e così via. Questi sono conservati, in un determinato ordine, nelle casse tipografiche, o cassa dei caratteri. Il tipografo compositore componeva i testi, poi venivano stampati, inizialmente con dei torchi.
Con la prima sala prende inizio il viaggio nella storia della stampa attraverso l’illustrazione delle invenzioni, dei macchinari e delle tecniche tipografiche. Sono infatti qui esposti tre torchi del 1850 circa, un bancone per la composizione dei testi comprendente caratteri mobili, spazi, vantaggi e compositoi, nonché una macchina pianocilindrica austriaca.
BANCONE TIPOGRAFICO
Il tipografo compositore, lavorando al suo bancone, componeva i testi prima di trasferirli sulle macchine da stampa. La parte bassa del bancone è composta da una serie di cassetti, ognuno dei quali è una cassa tipografica che contiene tutte le lettere maiuscole, minuscole, numeri lettere accentate etc di un determinato carattere e corpo (dimensione), detta polizza. Il compositore, dunque, attingendo dalla cassa, prelevava i singoli caratteri e li affiancava rovesciati, da destra verso sinistra, su uno strumento chiamato compositoio, sul quale formava la linea (o riga) di parole opportunamente spaziate. A questo punto, ogni singola linea di caratteri veniva raggruppata su un piano metallico, detto vantaggio, dove si andava formando l’incolonnamento della pagina, che alla fine veniva legata strettamente da fili di spago. Eventuali aumenti di spaziatura tra le linee si ottenevano interponendo sottili lastre metalliche, le interlinee, che sono sistemate nella parte alta del bancone.
TORCHIO "STANHOPE"
Torchio in ghisa dalle forme arrotondate, con piedi di appoggio a forma di zampe di leone e con decorazioni floreali. Al centro, su una coppia di binari, è posizionato un porta forma rettangolare nel quale si inserivano le matrici con i caratteri da stampa. Sopra al porta forma si ha la platina collegata mediante un sistema di leve multiple alla barra e alla vite. Una leva permette il movimento della platina e un contrappeso a forma di zucca alza e mantiene alzata la platina. Il porta forma può scorrere lungo i binari, agendo su una manovella collegata ad un cilindro attorno al quale sono avvolte due corde che trascinano la forma.
TORCHIO “ALBION”
Un particolare del torchio “Albion” è la decorazione con due piccoli animali fantastici detti impropriamente Chimere.Venne prodotto da Ferinando dell’Orto: la ditta della sua famiglia fu quella che ebbe maggior successo nella costruzione di torchi tipografici in ghisa in Italia, probabilmente per l’alta qualità dei suoi prodotti che resero Milano e in modo più esteso la Lombardia il più importante centro di produzione di attrezzature tipografiche dell’Ottocento.I due modelli in produzione da loro e dalle altre ditte italiane furono lo Stanhope e l’Albion, entrambi costruiti per la prima volta in Inghilterra nei primi anni dell’Ottocento. Circa la metà dei torchi sopravvissuti fino ai nostri giorni portano nella targa la firma Amos dell’Orto.
TORCHIO A BARRE DI TORSIONE
Modello di torchio molto raro. Ha particolarità costruttive uniche, quali la regolazione della pressione a mezzo di un doppio sistema di cunei e il basamento in legno a croce.
MACCHINA PIANOCILINDRICA
Questa macchina sintetizza, per la tecnica costruttiva e la raffinatezza delle finiture, quanto di meglio l’ingegno umano poteva esprimere. Purtroppo non sono noti il costruttore e la data di costruzione, anche se alcune tecniche applicate ricondurrebbero alla metà dell’800, benché utilizzate fino agli anni ‘60 del secolo scorso. Di particolare rilievo sono il dispositivo di arresto del cilindro di pressione che consente la puntatura del foglio da fermo, e le guide del carro portaforma montate su carrucole che, trasformando l’attrito radente in volvente, consentono di azionare la macchina con la forza delle braccia di una sola persona. Per l’uso della macchina servono due persone di cui una addetta all’azionamento e l’altra alla puntatura del foglio; l’uscita di quest’ultimo stampato avviene automaticamente tramite un sistema di cordini e stecche.
SALA 2: LE PLATINE
A differenza delle produzioni industriali, dotate di macchine rotative, le tipografie per la stampa di piccoli formati e tirature ridotte, si attrezzano con le platine anche dette “pedaline”. I primi modelli che appaiono sul mercato sono costruiti dagli americani Treadwell e Adams intorno al 1820. Questo tipo di macchina ha due piani: uno portaforma dove vengono inseriti i caratteri a rilievo, e l’altro, la platina, che dà la pressione. Su un disco inclinato viene posizionato l’inchiostro, sul quale passano dei rulli, che scorrendo poi sulla forma la vanno ad inchiostrare. Il tipografo inserisce quindi un foglio sulla platina, preme il pedale per avviare la macchina, con una mano toglie il foglio stampato, con l’altra inserisce il successivo da stampare.
La seconda sala illustra l’evoluzione tipografica attraverso l’esposizione di macchinari che permettono di ottimizzare i tempi di stampa per formati di piccole dimensioni. Sono infatti esposte diverse platine a pedale di fine 800, inizi del 900 di diversi stili e formati, una platina elettrica e una taglierina a ghigliottina.
PEDALINA N. 1
Macchina da stampa tipografica a pedale con sistema di macinazione dell’inchiostro a tavoletta. E’ la più piccola e semplice delle quattro pedaline presenti al museo “Civiltà della Scrittura” di Fabriano.
PEDALINA N. 2 – LIBERTY
Fra tutte le pedaline costruite in ogni tempo questa è la più caratteristica infatti, diversamente da tutte le altre che hanno un piano di stampa fisso e uno mobile, entrambi i piani si muovono aprendosi in posizione quasi orizzontale consentendo all’operatore di puntare il foglio con poca fatica.
PEDALINA N. 3
Questa macchina rappresenta una delle migliori realizzazioni di “pedalina” in quanto la generosa progettazione meccanica, un attento calcolo delle inerzie e il sistema di inchiostrazione la rendono perfettamente funzionante con il minimo sforzo.
PEDALINA N. 4 – IDEALE
Questa macchina è una delle ultime costruite dalla società “Augusta” di Torino in quanto dopo pochi mesi la stessa cambiò nome in “Nebiolo”.Si tratta di una buona e innovativa macchina, in quanto la macinazione dell’inchiostro avviene tramite un cilindro oscillante di grandi dimensioni e il movimento del piano mobile è guidato da alcune slitte che lo fanno scorrere parallelamente al piano fisso.
PLATINA ANNI ‘50
Macchina da stampa tipografica ad azionamento elettrico (motore 380 trifase) e macinazione dell’inchiostro a cilindro.
Si tratta di una “AMBROSIA” degli anni ‘50 utilizzata nelle tipografie fino a qualche anno fa.
TAGLIERINA OTTOCENTESCA
Macchina tagliarisme di carta.Il volantino orizzontale in alto permette di abbassare il pressino e bloccare i fogli da tagliare. Girando la ruota verticale si mette in azione un meccanismo che permette di abbassare la lama. Il movimento di quest’ultima simula quello di una ghigliottina.
SALA 3: LE FONDITRICI
Con l’invenzione delle macchine rotative il processo di stampa si velocizza notevolmente, il vero collo di bottiglia per le officine tipografiche diventa la composizione.Prima dell’invenzione della Linotype nessun giornale aveva più di otto pagine, a causa dei lunghi tempi richiesti dalla composizione manuale. Nel 1885, Ottmar Mergenthaler, un orologiaio tedesco emigrato negli Stati Uniti mette a punto la Linotype. Questa macchina permetteva di battere il testo su una tastiera, attivare un meccanismo ed ottenere così l’intera riga di testo costituita da un blocchetto di piombo. Solo due anni dopo fu inventata la Monotype che, pur impiegando più tempo, fondeva al momento la forma di testo più semplice da correggere e modificare perchè composta dai singoli caratteri mobili.
La terza sala è dedicata alle macchine fonditrici, con le quali è possibile risparmiare molto tempo in fase di composizione dei testi. Questa sala ha il privilegio di ospitare la prima Linotype operante in Italia, un modello di Monotype, e una macchina fonditrice di barre spaziatrici, tutte costruite a fine Ottocento.
LINOTYPE
Questa Linotype, potrebbe essere la prima e più antica macchina importata in Italia. Sono state fatte ricerche con la collaborazione di tecnici del settore e tutte le testimonianze confermano a questa ipotesi. Se fosse vero, questa macchina potrebbe aver lavorato presso il giornale “La Tribuna” di Roma fino al 1958.Il restauro della macchina ha permesso di riportarla al suo originario splendore e funzionalità: sarebbe in condizione, seppure non fondendo, di compiere tutto il ciclo di lavorazione anche se la sua velocità è inferiore a quelle di ultima generazione.
MONOTYPE
La monotype è costituita da due parti: la tastiera e la macchina fonditrice. Attraverso la prima si produce un rullo di carta perforata che contiene un codice; quest’ultimo verrà interpretato dalla macchina fonditrice che produrrà i corrispondenti caratteri da stampa tipografica in lega di piombo, stagno e antimonio.
SALA 4: IL TORCHIO A STELLA
La litografia fu un’invenzione casuale di Aloïs Senefelder che nel 1797, mentre compiva un’incisione chimica sulla pietra per ottenere in rilievo i caratteri per la stampa, scoprì che avrebbe raggiunto lo stesso risultato sfruttando delle proprietà chimiche. Realizzando infatti con una matita grassa un’immagine sulla pietra, le zone disegnate respingeranno l’acqua distribuita sulla superficie mentre si legheranno all’inchiostro che, viceversa, verrà respinto dalle altre parti. Per questo motivo, la tecnica è anche detta: “stampa chimica”.
Con l’ultima sala, si conclude il viaggio attraverso l’affascinante storia della stampa. Si passa dalla tipografia alla litografia: una particolare tecnica che, seppure fu inventata alla fine del 1700, ha notevolmente influenzato la stampa moderna.In quest’ultima sala è, infatti, esposto un torchio a stella in legno, donato al MCF dalla Famiglia Brambilla Vitali di Milano.
TORCHIO LITOGRAFICO
Torchio litografico a stella in legno perfettamente funzionate. Per la stampa si utilizzano, come matrice, pietre litografiche. Consiste principalmente in un carro sul quale viene appoggiata la pietra litografica che scorre su un cilindro trainato per mezzo della ruota a stella azionata a mano, in modo che entrando in pressione permette il passaggio dell’inchiostro dalla pietra alla carta.
LABORATORI DIDATTICI E NON SOLO...
Oltre alle classiche visite guidate, il museo della Carta e della Filigrana, sezione “Civiltà della Scrittura” offre la possibilità di svolgere diversi laboratori didattici. Questi sono rivolti a tutte le scuole di ordine e grado e per tutte le fasce d’età. Si tratta di attività sperimentali e di manipolazione, attività ludico-creative e narrazioni musicate.
Alcune delle attività proposte...
IL FLAUTO MAGICO
La stampa chimica e la fisica del suono
Il flauto magico - La stampa chimicaLa proposta prende spunto da un fatto storico e più precisamente dal “Flauto Magico” di Wolfgang Amadeus Mozart, il primo documento stampato in Litografia da Alois Senefelder nel 1798 con la tecnica da questi inventata, della “stampa chimica”.
L’attività didattica, infatti consente di illustrare ai partecipanti le peculiarità chimiche della stampa litografica (tecnica cha ha soppiantato la stampa tipografica e ancora oggi ampliamente utilizzata), mediante l’utilizzo del torchio a stella in legno di fine Ottocento per stampare una copia dello spartito originale, e quelle fisiche che consentono agli strumenti a corda di suonare, spiegate grazie all’uso di un semplice carillon.Il laboratorio si concluderà con l’esecuzione del brano musicale appena stampato, eseguito da un pianista concertista su un pianoforte Johann Schanz del 1810, strumento del tutto simile a quello su cui Mozart compose l’opera e seguirà la visita al Museo del Pianoforte Storico e del Suono.
STAMPA TIPOGRAFICA
Illustrazione dei materiali e dei caratteri utilizzati per la stampa tipografica e dimostrazione delle fasi di composizione, inchiostratura e stampa con torchio originale del 1850. Ai ragazzi verrà rilasciato un attestato di partecipazione stampato da loro stessi.
SCRIPTA MANENT
Illustrazione e manipolazione di alcune riproduzioni di supporti utilizzati in antichità, attraverso i quali comprendere la storia della Scrittura. Attività ludica sui sistemi di comunicazione scritta dall’antichità al giorno d’oggi.