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La produzione della carta al tino

La produzione della carta al tinoIl foglio di carta è il risultato della feltrazione, in veicolo acquoso, di fibre vegetali opportunamente raffinate. Per "feltrazione" si intende il processo di unione delle fibre tra loro fino a formare una superficie uniforme: il "foglio".

Nella fabbricazione della carta a mano, questa operazione ha luogo nel "tino". Il "lavorente", ripetendo gli stessi gesti dei cartai Fabrianesi del XIII secolo, immerge la "forma" nel tino e ne estrae ogni volta la stessa quantità di pasta che distribuisce su tutta la superficie della tela. La forma è il mezzo con il quale si ottiene la feltrazione delle fibre. Essa è costituita da un insieme di piccole verghe di bronzo distanziate di alcuni millimetri tra loro, tenute ferme dalle "catenelle" o "trecciole". La tela così preparata viene montata su un telaio rettangolare di legno. La superficie di lavoro è delimitata da una cornice di legno, denominata "cascio" o "casso", non fissa ma appoggiata sul perimetro della tela per consentire la tenuta della pasta e delimitarne le dimensioni del foglio che verrà ottenuto. Appena il foglio si è formato, il lavorente passa la forma al "ponitore", il quale, dopo aver lasciato per un momento scolare l'acqua, adagia la forma su un feltro di lana determinando il distacco del foglio dalla tela. Un foglio e un feltro sopra l'altro, si forma così una pila o "posta" che viene pressata in un torchio a vite. Si ottiene, in questa maniera, la prima disidratazione dei fogli. Questa operazione, riducendo il contenuto di acqua a circa il 50%, permette di distaccare i fogli dai feltri. Il distacco dei fogli viene eseguito da tre cartai: Il "leva feltro" che toglie il feltro superiore e lo dispone nella pila dei feltri che il "ponitore" utilizzerà nella nuova tornata di produzione dei fogli al tino. Quindi il "levatore" o "levafoglio", con la tecnica del "pizzico", distacca il foglio dal feltro inferiore ed aiutato dal "tenitore" lo dispone sulla pila dei fogli umidi chiamata "posta" che a volte viene sottoposta ad una seconda pressatura prima di essere singolarmente esposti all'azione di ventilazione naturale distribuendoli sopra l'erba di un prato o stendendoli sopra corde di canapa in un locale, "stenditoio" o "stendaggio", con grandi finestre che favoriscono la formazione di correnti d'aria. La carta prodotta dal tino per essere utilizzata come materiale scrittorio deve essere "collata", cioè deve essere impermeabilizzata agli inchiostri. I fogli di carta vengono immersi in un bagno di "gelatina animale" ricavata dal "carniccio", scarto delle locali concerie. Tale trattamento dona alla carta, oltre ad un notevole grado di collatura, una grande compattezza all'usura. Il carniccio, previamente lavato, viene caricato nella caldaia contenente acqua tiepida. Si riscalda gradualmente fino a raggiungere la temperatura di 90°C. Contemporaneamente, la gelatina passa in soluzione nell'acqua calda. Si lascia il cesto in immersione fin quando tutta la gelatina non sia stata estratta formando il "brodo". A questo punto si solleva, con l'apposito verricello, il cesto nel quale è rimasta solo la mucillaggine del carniccio che viene tolta per far posto a nuovo materiale. Dopo qualche ora di riposo, per far decantare eventuali impurità in sospensione, il "brodo" di gelatina viene trasferito nella caldaia di deposito eseguendo nel contempo la filtrazione per mezzo di un setaccio di canapa nel quale viene posto dell'allume di rocca in ragione dell'1% sul peso secco di gelatina. Esso ha il duplice scopo di chiarificazione del brodo e di aumentare il potere collante della gelatina.