Museo della carta e della filigrana

Home Carta e cartiere

Carta e cartiere

Il materiale documentario relativo ai secoli XII, XIII e XIV, conservato presso l'Archivio Storico Comunale di Fabriano, consente una ricostruzione parziale e frammentaria degli inizi e della evoluzione che in questo centro delle Marche ha avuto la lavorazione della carta. A Fabriano, in questo scorcio di secolo la corporazione dei cartai non figura tra le dodici arti che già governano il Comune e che risultano elencate in un atto pubblico del 1278. Fra queste, le due maggiori che emergono per potenza e dimensioni come organismi politico economici istituzionalizzati, ormai ascesi al potere comunale, sono quelle dei mercanti e dei lanaioli. L'arte della lana, di cui si conservano gli statuti del 1369 nell'archivio storico di Fabriano, riunisce fin dal XIII° secolo artigiani e personale specializzato nella cardatura, tessitura e tintoria con un ciclo completo che va dal reperimento della materia prima alla commercializzazione del prodotto finito. Oltre a disporre di una sede propria i lanaioli possiedono un edificio per il "purgo" dei panni e numerosi locali attrezzati per la lavorazione denominati "gualcherie" o "gualchiere". Può ritenersi questa l'Arte che dà l'avvio alla fabbricazione della carta, ipotesi avvalorata dal fatto che la corporazione dei cartai risulta ufficialmente costituita nel 1326 anche se solo nel 1283 gli atti del notaio Berretta riportano alcuni nomi di cartai fabrianesi. Perciò è presumibile che questi artigiani, non ancora riuniti in una loro autonoma corporazione, operino in un settore in fase di sviluppo e di sperimentazione promosso dalla stessa arte della lana a cui, in un primo tempo, appartengono per identità di interessi e di colleganza. La specificazione "gualchiera a cincis" o più semplicemente "valchiera" diviene infatti il termine più diffuso per indicare il piccolo opificio ubicato presso gli argini del fiume Castellano (oggi Giano), e predisposto per la lavorazione della carta bambagina. L'abilità creativa dei primi artieri favorisce rapidamente la crescita qualitativa e quantitativa della produzione e perfeziona le rudimentali tecniche di lavorazione a tal punto che nel giro di pochi decenni Fabriano diventa la culla dell'arte della carta in Europa. Sfuggono tuttavia all'indagine storica le origini di un così importante processo di sviluppo da cui ha inizio l'industria cartaria marchigiana in un centro dell'entroterra appenninico predisposto a questo genere di attività produttiva proprio perché favorito dalle fiorenti manifatture dei panni lana che, con le loro diverse fasi di lavorazione (alcune delle quali come la follatura eseguite con le "gualche" mosse da ruote ad acqua) possono aver suggerito l'impiego della pila idraulica a magli multipli per battere gli stracci, da cui si ricava la poltiglia per la pasta da carta, eliminando così il mortaio di pietra e il pistone di legno azionato a mano usato dagli Arabi. Per eliminare inoltre l'inconveniente del facile deterioramento dei fogli dovuto al collaggio con amido di frumento (causa principale dei divieti di impiegare la carta per atti pubblici delle cancellerie e dei notai) i fabrianesi sostituiscono alle sostanze amidacee la gelatina o colla animale, ricavata dal carniccio, scarto delle locali concerie. Altre importanti innovazioni attribuite ai fabrianesi sono il perfezionamento delle forme usate dai lavorenti e la filigranatura dei fogli che, osservati contro luce lasciano intravedere i famosi segni inizialmente usati per riprodurre il marchio dei diversi fabbricanti di carta; una necessaria distinzione del resto già praticata dai lanaioli che imprimono sui loro prodotti le "marche" di fabbricazione i cui prototipi sono depositati in appositi registri della corporazione. I segni, inizialmente assai semplici, formano le due lettere "I" e "O" dell'alfabeto, due circoli tangenti esternamente, due circoli concentrici, linee in croce terminate da circoli. A distanza di pochi anni il disegno si perfeziona e si raffina assumendo forme diverse e più eleganti, frutto della creatività dell'artigiano. Nel Trecento i segni più ricorrenti sono: il grifone, i fiori, il monte, il cappello, il leone, la cicogna, la corona, il cavallo, la campana, il becco, il mezzo cervo, la bilancia, il melograno, l'angelo, la mannaia, il giglio, il drago, il forcone, l'aquila, San Giovanni, la spada, mezza luna e stelle. A monte del processo di lavorazione c'è l'opera di reperimento della "preziosa" materia prima consistente in partite di cenci che i mercanti convogliano a Fabriano dai centri vicini, ma anche da Fano, Firenze, Perugia. I cenci in genere sono divisi in "boni", "grossi", "vergati", "paratura" e "schuoso"; dopo la pesatura sono trasportati nelle valchiere dove il "cenciaio" provvede alle successive fasi di preparazione: "scrollatura", "arcapatura" e "scieglitura". L'uso della calce lascia intendere che il processo prosegue con le operazioni di macero e di battitura, con le pile a magli multipli, che completano la trasformazione dello straccio in mezza spada. Nelle valchiere ad "affiorare" la pasta viene trasformata in fogli ad opera del lavorente coadiuvato dal ponitore, mentre altri cartai provvedono alla pressatura, allo stendaggio, alla collatura e di nuovo alla stenditura. Le successive operazioni di allestimento quali la satinatura, piegatura e impaccatura sono eseguite dai cialandratori (è infatti chiamata "cialandra" l'utensile per lisciare la carta) i quali, nelle loro botteghe entro le mura cittadine, provvedono alla "affinatura" dei fogli per poi raggrupparli in risme ("aquaternare") pronte per la spedizione in balle protette da carta grossolana (da imballaggio) e rivestite di pesante tela in previsione dei disagi e dei rischi da affrontare durante il trasporto. I tipi di carta più in uso nei secoli XIV e XV sono: "miglioramento", "costoloni", "fioretto", "fiorettone", "da sogellare"; il formato del foglio è indicato con i termini "piccolo", "fino", "piano", "tondo", "reale", "grande" e "imperiale". Dal ritrovamento di sette registri contabili del mercante Lodovico di Ambrogio di Bonaventura, è possibile conoscere i prezzi dei vari formati: la carta di "miglioramento" è stimata dai 30 ai 34 bolognini di risma; la carta di "costoluni" 25 bolognini di risma; naturalmente si tratta della carta più scadente per la protezione di quella pregiata i cui prezzi variano da 3 a 7 libbre e 5 bolognini ogni risma.